Venti, trenta, quaranta…
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Venti, trenta, quaranta…

Venti, trenta, quaranta…

A vent’anni ti scoli di tutto senza limiti. Chupiti di vodka alla pesca, al melograno, al melone, alla limatura di zinco, all’olio di palma e alle scie chimiche, ciò che conta è la gradazione alcoolica. Giusto qualche minuto di sosta per stare male in bagno e poi si riprende con più sprint di prima con Aperol Soda, soda caustica e Idraulico Liquido. Insomma, l’importante è tazzare, sempre.

A trent’anni conosci i tuoi limiti e hai appreso l’arte della moderazione. Ordini uno o al massimo due drink e mentre te li servono fai il figo e li degusti solo dopo averne scrutato ogni dettaglio osservando il bicchiere in controluce. Se ti chiedessero una recensione risponderesti con sapienza scientifica: colore intenso, limpidezza discreta, gusto torbato, leggero retrogusto di sottobosco autunnale e aghi di biancospino. E meno male che stavi bevendo solo un rum e coca.

Sulla soglia dei quarant’anni, con un neonato, la cosa più vicina a una bevanda alcoolica che puoi permetterti è il colluttorio. Ti conforti del fatto che la Caipirinha che amavi così tanto da ragazzo non era poi sto granché e in memoria dei vecchi tempi, per lenire il cervello dolorante da ore di vagiti, butti giù un paio di Tachipirinhe.

A vent’anni la palestra non serve. Sei forte, sei atletico, bello e in perfetta forma. Gli amici ti chiedono quanti chili sollevi e tu rispondi soddisfatto «mai fatto un peso in vita mia».

A trent’anni senza figli, se vuoi mantenerti in forma l’iscrizione in palestra è d’obbligo, più che altro per mantenere le apparenze, dato che dopo la prima settimana dimentichi la sacca in un angolo della casa per rinvenirla sette o otto mesi dopo, ricoperta di muschi e licheni che si sono nutriti del tuo sudore stantio. Ciò nonostante hai abbastanza culo e la partita di calcetto settimanale basta a tenerti in forma. Alla domanda degli amici su quanti pesi fai per avere delle braccia così, rispondi soddisfatto «mai fatto un peso in vita mia».

A quarant’anni con un neonato in palestra non avresti tempo di andare e sinceramente tra latte formulato, pannolini e spese varie non te la potresti nemmeno permettere. Poco male perché alla domanda degli amici su come fai a mantenere tonici i bicipiti, la risposta è sempre «mai fatto un peso in vita mia», tanto ci pensa il neonato a tenerti in allenamento e già che c’è, siccome il tuo è un modello dotato di GPS e altimetro, piange appena ti metti seduto, quindi ne approfitti anche per tonificare le gambe.

A vent’anni non hai bisogno di dormire. Se ti capita la notte che dormi soltanto due ore, non ha alcuna importanza perché il giorno seguente avrai tutte le energie per studiare, uscire con gli amici e ballare fino a tardi.

A trent’anni se non hai figli e ti capita la notte in cui dormi soltanto due ore, non importa granché, se è il weekend puoi rimanere a letto fino a tardi, se succede durante la settimana recupererai andando a dormire un po’ prima la sera stessa, tanto ormai le ore piccole non le fai più così spesso.

Verso la quarantina con un neonato in casa, se ti capita di dormire due ore la notte… Ah, si può veramente? Pensavo fosse vietato dalla legge.

A vent’anni sei fatto di gomma, se ti fai male sei grado di continuare a giocare anche con un femore dislocato. Basterà dormirci su una notte e ti sveglierai come nuovo.

Verso i trent’anni se ti fai male a una gamba ti serviranno tanto lavoro fisico e dedizione, ma nel giro di qualche mese tornerai in carreggiata.

Verso i quaranta, con un neonato, l’inizio della fine è dietro l’angolo. Un’unghia incarnita ti fa modificare la postura mentre cammini e il tuo corpo inizia a sgretolarsi come un castello di sabbia al sole. In un attimo, mentre culli il tuo pupetto che non ti concede mai di sederti neanche per un secondo, ti ritrovi con un’ernia del disco, legamento crociato da rifare, spalla dislocata, gomito del tennista, tunnel carpale e alluce valgo.

A vent’anni la vita era facile, a trenta era godibile ora è un casino, ma il casino che avevi sempre sognato.

A vent’anni pensavo alla bicicletta, a trenta la volevo sopra ogni altra cosa, verso i quaranta, beh, pedalo!

[Marco @Dis-ordinary Family]

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