Tutt’intorno a un puntino
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Tutt’intorno a un puntino

Tutt’intorno a un puntino

«Vedete quel puntino lì al centro che si agita? È il cuore.»

È più o meno così che ho visto per la prima volta mia figlia e ci sono rimasto quasi secco, con la mascella penzoloni, incredulo che a sole 7 settimane di esistenza effettiva (9 abbondanti, secondo il computo corretto) quel piccolo esserino di soli 28 millimetri avesse già delle sembianze umane ben riconoscibili e perfino un cuoricino che sfarfallava con un certo brio.

Ricordo che da bambino, più o meno quando a scuola avevo imparato a calcolare raggio e circonferenza, avevo chiesto a mio padre: «Papà, come mai mi hai sempre detto che mi vuoi bene “tutt’intorno a un puntino”?»
«In che senso?»
«Beh, un puntino è piccolo, giusto?»
«Sì, certo.»
«E quindi il contorno di un puntino è una misura piccola. Significa che mi vuoi poco bene?»
«Ma no!», mi aveva risposto divertito, «Intendo dire che ti voglio bene come tutto ciò che puoi vedere “intorno” a un puntino, non come il suo contorno» e, mentre me lo diceva, aveva descritto un enorme arco con entrambe le braccia.

Sono passati decenni da quel giorno, ma è stato solo guardando quel monitor in bianco e nero, con la mano di Maurizia stretta alla mia, che ho compreso il vero senso delle parole di mio padre. Davanti a quell’immagine sfocata di Ottavia ho capito che l’avrei amata davvero “tutt’intorno a un puntino”, anzi… puntino (sfarfallante) compreso.

[Marco @Dis-ordinary Family]

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