Il mulino che volevo
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Il mulino che volevo

Il mulino che volevo

Ho sempre desiderato una famiglia, fin da quando ero ragazzino, all’epoca in cui, complice la mia totale innocenza, mi prefiguravo l’idilliaca situazione da Mulino Bianco: una famiglia sempre allegra che faceva colazione in mezzo all’erba verde, mentre i bambini schiamazzavano felici coi loro sorrisi Durban’s e in abiti perfettamente stirati, senza l’ombra di una macchia addosso.

Con in testa questa immagine avevo deciso che Maurizia, già sposata, con tatuaggi dappertutto e un carattere all’apparenza alterno fra la figlia di Satana e il demonio in persona, non facesse per me.

Ma quando il diavolo ci mette lo zampino è dura opporsi e così mi sono ritrovato a convivere con le stranezze di una compagna che raccoglie dal sacchetto solo i biscotti interi perché quelli rotti rovinano il buon avvio della giornata, a cui bisogna astenersi dal fare discorsi “complicati” prima delle 10 di mattina altrimenti passerai l’ora successiva a passarle Kleenex (o a rinchiuderti nello sgabuzzino per evitare strani oggetti volanti), maniaca della pulizia al punto da cambiare coltello a ogni pietanza che prepara perché non sia mai che i sapori si mischino per colpa della lama già usata, terrorizzata da qualsiasi cosa vivente dotata di ali, peggio ancora se in volo.

Giusto ieri sera, nonostante il pancione del nono mese, l’ho vista urlare e darsela a gambe in un lampo per via di un piccolo pipistrello che ha fatto il pelo al balcone. Provate quindi a immaginare come la possa prendere se una simpatica apina dovesse posarsi sulla sua colazione. Ciao ciao, #MulinoBianco!

Nel mio quotidiano ora c’è anche l’animaletto già grande, Dario, in eterno movimento, con la testa fra le nuvole e moralizzatore fino al midollo.

Sì, perché è sempre lì in agguato, pronto a mitragliarti di domande senza sosta o peggio ancora in costante attesa di poterti fare il mazzo alla minima disattenzione, come quell’unica volta in cui, stolto, lasci la tavoletta del cesso alzata: «Dario, ma è il mio bagno, la mamma per fortuna ne ha uno tutto suo…»

«E se la mamma avesse bisogno di usare il tuo in caso di emergenza?»

«Ehm…»

Diciamo che ultimamente la mia vita è quella cosa che capita fra un suo rimprovero e una lezione di vita, ma non temete, sto diventando più giudizioso e conto di uscire dalla punizione entro il prossimo weekend.

E poi, in ultimo, sto aspettando la mia principessa, la piccola Ottavia, che da come vedo muoversi giorno e notte nella pancia di sua madre, ho il sentore che sarà più un incrocio tra un vichingo e un velociraptor, che mi farà passare tre anni insonni e che non appena inizierà a gattonare porterà terrore e devastazione tirandosi dietro tutti i mobili di casa.

E nemmeno voglio fantasticare su treccine color miele perché se ha preso da sua madre a otto anni si vorrà rasare mezza testa e chiederà di decolorare l’altra metà per poi tingerla di verde acido (con Maurizia e Dario a fare il tifo per lei, ovviamente).

Insomma, avevo in mente un tipo di famiglia che se fossi stato fortunato un giorno avrei avuto. Una moglie e dei figli perfetti, il ruscello, il mulino e tutto l’ambaradan… e invece non ho avuto niente di tutto questo.

Sono finito in una gabbia di matti e, felice come non sono mai stato, ringrazio il cielo ogni giorno.

[Marco @Dis-ordinary Family]

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